IL VENTASSO
L’idea di salire le cime del “nostro” Appennino in bicicletta è nata salendo in compagnia della fedele e paziente Claudia sulla bella carrozzabile che da Busana porta verso il Ventasso. Come troppe volte mi capita ero un po’ arrabbiato: impegni domestici al pomeriggio ed un po’ di ritardo con la sveglia ci hanno obbligato ad un percorso “di ripiego”, bello ma già molto conosciuto. Per fortuna la bellissima giornata autunnale ha rasserenato gli animi lasciando occhi e mente liberi di vagare. La cima del Ventasso è lì che quasi si tocca, si vede il bel sentiero che sale da S. Maria Maddalena. Il “pratone” dal lato del lago dovrebbe essere ciclabile !
“Claudia, te la senti di portare la bici in spalla per 40 minuti ?” Domanda retorica la cui risposta non poteva che essere affermativa. E allora via verso S. Maria Maddalena; il sentiero è quasi del tutto ciclabile, alcuni duri strappi, a volte a spinta; quanto di meglio si possa fare in bici. Oltre rimane solo da camminare pazientemente con la bici in spalla. Pesa poco più di uno zaino ma è molto più scomoda, dobbiamo aiutarci a vicenda nel passare alcuni punti insidiosi. I prati sommitali e la panoramica cima. La discesa verso il lago è bellissima, ripida ma non pericolosa. Ci sarà ancora da divertirsi in discesa verso Cervarezza passando dal rifugio Cadoniche.
Quante volte sul Ventasso, in tante stagioni e modi diversi, ora anche in bici… Una giornata iniziata così-così si è trasformata in una quasi avventura; di più, nel valido motivo-pretesto per le prossime uscite.
IL GIOVARELLO
Pochi giorni dopo stiamo ancora camminando con la bici in spalla verso una cima: il Giovarello. Montagna un pò trascurata: i sentieri principali le passano accanto, scarso interesse sciistico. Tante volte le sono passato vicino senza mai salirvi. Con la bicicletta anche il Giovarello acquisisce un suo fascino: la salita dall’Abetina è una classica della bicicletta da montagna, la discesa dalla cima un po’ esposta e non banale, il sentiero che passando dal Rif. le Maccherie porta a La Romita splendido per ambiente e tecnicità.
MONTE PRADO
Siamo quasi a metà Gennaio ma di neve non se ne vede. Solo i canali a nord ne conservano un po’ di quella caduta ad inizio inverno. Creste e versanti sud sono completamente puliti. Non potendo sciare sono in giro con la bici. Civago, Abetina, Forbici e poi si vedrà … sono luoghi perfetti per la bici e le possibilità non mancano. Scendo a prendere la carrozzabile per il Rif. Monte Cella e da lì su fino al crinale. Il sole, il mare, la cresta erbosa completamente pulita fino al Prato. Non so resistere, voglio andare a vedere com’è il sentiero che sale in cima. Pedalando quando si può e per il resto spingendo arrivo in vetta; nei lati in ombra più che un problema di pendenza è la poca neve gelata ad impedire di stare in sella
Ora mi aspetta la discesa verso il Battisti, con attenzione per non scivolare e con molte parti non ciclabili. Sosta d’obbligo al Rifugio dove risulta simpatico l’incontro con due sci-alpinisti: non si sa chi abbia lo strumento meno appropriato alle condizioni …
L’avventura finisce in bellezza con discesa dal Vallestrina e rientro a Civago alle ultime luci.
PS: sono tornato in cima al Monte Prado, in estate ed in senso inverso; è un bellissimo percorso con discesa tecnica e divertente.
MONTE CISA
Il giro delle cime continua. Oggi l’idea è di fare addirittura un concatenamento: passo Cisa, salita al Monte Cisa, discesa alla sella e salita del Prampa con discesa verso Garfagno.
Partiamo da Villa con bella pedalata su asfalto verso Santonio, Monte Orsaro e poi sulla carrozzabile del Passo Cisa.
La scelta di salire dal passo Cisa è stata determinata dalla maggior quota raggiunta e dalla vicinanza con la cima. Non avevo fatto i conti con la difficoltà del sentiero: ripido, con alti “gradini” ed arbusti che ostacolano la salita. Si è rivelato un percorso impegnativo anche se relativamente breve. La vetta è “difesa” da un piccolo salto roccioso che non vogliamo evitare. Ampio panorama verso la pianura, ottima visuale del Cusna: perché non siamo saliti prima su questa cima ?
Si scende alla sella per belle praterie. Siamo un po’ stanchi, decidiamo di scendere, per il Prampa ci sarà un’altra occasione. Il sentiero che scende a nord-ovest in direzione della carrozzabile per Montecagno è più impegnativo del previsto: per un bel tratto la pendenza, il fondo e la vegetazione consigliano di procedere con la bici al fianco. In basso migliora e diventa ciclabile finchè si arriva sulla carrozzabile che con percorso piacevole scende a Garfagno.
CASAROLA
Oggi Casarola. Sono un po’ preoccupato: oltre ad un bel pezzo di salita con bici in spalla temo che anche la discesa non sarà uno scherzo. La cima è inoltre un po’ bianca, penso sia brina, l’erba potrebbe essere scivolosa. Decido di partire da Pratizzano: ultimo caffè disponibile e punto in cui convergono diversi sentieri che consentono varie opzioni per il ritorno.
Il sentiero che dalla Scalucchia sale verso il Casarola è ciclabile e piacevole per un bel tratto: alcuni strappi a spinta, qualche contropendenza fino a che si impenna e sale sulla cresta. Non rimane che salire con pazienza e la bici in spalla. La brina è poca e si cammina con sicurezza; l’ultimo strappo ripido sotto alla cima con alcuni passi che richiedono prudenza.
Inizia la discesa che si rivela subito difficile: il sentiero che scende verso il Rifugio Rio Pascolo non solo è ripido, è soprattutto molto rovinato, con profonde erosioni e molto sconnesso. La ciclabilità è molto difficile, scelgo di non rischiare e procedo per buona parte a piedi.
Dal rifugio è tutto perfetto: fondo vario, molte foglie che nascondendo le insidie richiedono di procedere con prudenza e destrezza. Panino e “bicchiere” al bar di Succiso non possono mancare, così come la telefonata a tranquillizzare Claudia sul mio ritorno incolume alla “civiltà”. Mi avvio con molta calma sulla strada della Scalucchia. Al primo tornante devio sul sentiero Spallanzani in direzione di Succiso Alto: prati ed antichi coltivi portano al vecchio paese e poi si percorre l’antica mulattiera verso Fornolo. Invece di scendere all’asfalto rimonto la traccia per Monte Leto, in parte a spinta, per arrivare infine sul bel sentiero che a mezzacosta e con divertenti saliscendi finisce alle praterie di Pratizzano.
Bella giornata ma la discesa mi ha lasciato l’amaro in bocca; mi toccherà tornare a cercare maggiore fortuna dal lato Sorgenti del Secchia.
CUSNA
Voglio partire da Cà Bracchi di Ligonchio, davanti al Bar Tavaroli. Questo luogo ha per me un valore simbolico, esperienze e relazioni che dall’adolescenza mi hanno accompagnato fino all’età adulta e hanno profondamente inciso sulla mia personalità. Anche l’amore per la montagna è nato qui, nelle prime camminate con zaini militari e nei mitici tre giorni ai Prati di Sara, accompagnando ragazzi poco più giovani di me ad una sorta di campo avventura/avventuroso, dormendo in un ricovero dei pastori e cucinando paurose paste asciutte in un pentolone sul fuoco di legna. I trekking erano di là da venire, eravamo un po’ ingenui e poco esperti, ma quelle notti a contare le stelle sono stati momenti indimenticabili.
Da Montecagno salgo verso il Passo Cisa e poi continuo verso il Baggioletto. Scendo alla sella della cresta e rimane ormai poco da pedalare. Per salire sul Cusna bisogna camminare. Dove “spiana” faccio alcuni metri in sella solo per riposare un po’ le spalle; i due denti ripidi richiedono un po’ di attenzione. In alto mi sposto a sinistra verso la traccia che sale da Prassordo; si può tornare in sella ed anche se faticosamente per i fastidiosi ciuffi d’erba secca rimonto il prato finale con tanti zig-zag, un pò come con sci e pelli…
Finalmente in vetta.
La discesa sulla cresta verso Prassordo è bellissima ed emozionante, meglio che con gli sci. Faccio alcuni metri a piedi più per la prudenza suggerita dall’erba brinata che per l’effettiva difficoltà. Mi trovo a giocare come un ragazzino con denti, gobbe e cunette. Come tutte le discese finisce troppo in fretta. Dal guado solita salita, si transita vicino al ricovero quindi in falsopiano nel bosco per recuperare la strada del Passo Cisa.
Faccio per scendere, ma mi fermo subito; è presto, ci sono i Prati di Sara ! Di nuovo la salita al Baggioletto e poi giù verso i Prati. Sosta d’obbligo al laghetto del Caricatore, ai ruderi del vecchio ricovero e sotto il grande faggio dove un tempo si riunivano le greggi.
Questa prateria contornata di faggi pionieri dai rami “stirati” dal vento è il luogo che più mi è caro, a malincuore lo lascio. Mi aspetta la bella ed impegnativa discesa verso Casalino, solo alcuni tratti molto sconnessi sono da fare a piedi, il resto è quanto di più bello si possa fare in bici: scelta della traccia e padronanza del mezzo consentono di attraversare un ambiente montano che ci parla di antiche fatiche: pastorizia, bosco ceduo, antiche mulattiere tra il castagneto ed i coltivi. Sono a Casalino, rimane ancora da attraversare il borgo di Cà Bracchi passando a salutare la “nostra” ex scuola, ex Campeggio di Casalino ora Ostello dei Balocchi. Il Bar Tavaroli e la mia auto sono lì che mi aspettano.
PRAMPA
L’aria è fredda, in quota sembra vi sia vento, inizio a pedalare tranquillo verso Garfagno e poi sulla bella carrozzabile che con pendenza costante mi porta al boschetto di abeti ed alla sella dove si gira a sinistra. Il piccolo ricovero di legno ricorda le soste delle gite invernali quando il mal tempo sconsiglia altre più impegnative mete.
Ora la traccia si fa più ripida e molto rovinata dai solchi dei trattori, tratti ciclabili si alternano ad altri a spinta. Nel bosco vi sono molte tracce, cerco con qualche “variante” quella più pedalabile. Distrazione, essere passato di qui solo in inverno: in breve perdo il giusto percorso. Non ho voglia di tornare indietro, salgo con la bici in spalla per tracce in mezzo al rado bosco. Mi sto spostando a destra sulle radure che si affacciano verso il monte Cisa; ritrovo la traccia nel bellissimo “pratone” finale, dalla pendenza perfetta per i primi approcci con le curve in neve fresca. L’ultimo strappo e la cima, ventosa come sempre l’ho trovata. Di fronte il Cusna con solo la cima bianca. Domani forse andremo a fare le prime “ramponate” dell’inverno.
Ho deciso di scendere dal sentiero che segue la cresta verso Santonio, non lo conosco ma “a vista” sembra buono per la bici: due ottimi motivi.
Sulla traccia si è fermata la grandine di ieri e vi sono vari punti gelati; devo cercare la linea migliore e più sicura. Non ho fretta, procedo con prudenza godendomi panorama ed ambiente. Il sentiero s’infila nel bosco mantenendo sempre il filo della cresta; il problema non è più la grandine ma l’abbondante tappeto di foglie e rami secchi che richiedono massima prudenza ed attenzione; è un po’ come sciare in profonda neve fresca …. Alcuni strappi più ripidi a fondo roccioso per “atterrare” su di una bella carrozzabile che con alcune curve e cambi di pendenza mi deposita a Santonio. Davvero un bel sentiero ed un bellissimo giro.
Ora a casa, per quest’anno le cime in bici sono finite; speriamo che arrivi davvero la neve per poter iniziare a sciare. Con la bici il terreno di gioco si sposta ora più in basso: collina, media montagna, dove una vastissima rete di sentieri ci consente ogni volta di scovare qualche angolo sconosciuto.